Quando una nuova parola comincia a circolare un po’ dappertutto e la senti sempre più spesso sulla bocca della gente, quella parola di solito è la chiave di lettura di una novità importante.
Va quindi accolta con la giusta dose di curiosità, perché potrebbe annunciare novità importanti su un cambio di valori, di costume o della percezione del mondo. Tutti aspetti fondamentali se ti occupi di marketing o di comunicazione – o anche solo se non sei una persona noiosa e indifferente.
La star indiscussa del momento è senza dubbio la parola “clanker”.
Il termine arriva direttamente da Star Wars: The Clone Wars (2008), dove serviva a prendere in giro i droidi da battaglia: goffi, rumorosi, “metallici”. Oggi è tornato in auge sui social — da TikTok a X — come insulto a chi viene percepito troppo esaltato per l’AI o, al contrario, incapace di gestirne l’impatto.
Anche se si tratta sostanzialmente dell’ennesimo meme, io credo che la parola clanker fotografi molto bene l’aria che si respira di questi tempi: una miscela gassosa fatta di eccessivo entusiasmo, fastidio, ansia e spaesamento davanti alla rapidità con cui l’intelligenza artificiale sta cambiando tutto.
Un doppio déjà-vu: le parole luddista e boomer
Non è un fenomeno inedito, tutt’altro. Nell’Ottocento si era diffusa la parola luddista, per indicare i lavoratori che distruggevano i telai per paura di restare senza lavoro. Negli ultimi decenni invece il termine boomer è diventato universalmente il modo per etichettare chi non riesce a stare al passo col digitale o lo usa a sproposito. Oggi clanker mette insieme in un certo senso un po’ di entrambe le parole e dei concetti che si portano dietro: la resistenza al nuovo e il sospetto verso chi non lo sa maneggiare. Con l’aggiunta di un estensione a chi, in maniera opposta, sta abbracciando la novità in maniera troppo entusiastica senza capirci fondamentalmente niente.
Sinceri: siamo tutti un po’ clanker
Se devo essere onesto, non conosco nessun imprenditore, collega o professionista che non viva almeno un po’ di questa sensazione, in una direzione o nell'altra. Non è paura vera e propria, ma un filo d’ansia sì:
e se l’AI mi sostituisse? E se domani fosse tutto automatizzato?
Ma anche un eccesso di ansia nel buttarsi a capofitto in qualcosa che ancora non si è compreso bene e che potrebbe non essere la soluzione giusta in questo o quel contesto:
devo fermare tutte la campagne di marketing: faccio fare tutto all'AI!
E in parte i dati lo confermano: moderatori di TikTok licenziati dopo aver addestrato gli algoritmi, chatbot che sostituiscono operatori umani nelle banche, persino bot che scremano curricula. Tutto vero. Ma non è tutta la storia.
La realtà: l’AI non sostituisce il pensiero, lo accelera
Il punto è che l’AI non pensa al posto nostro: ci aiuta a pensare più in fretta. È un acceleratore, un assistente che ti libera dal ripetitivo e ti lascia tempo ed energie per ciò che fa davvero la differenza: la visione, la strategia, la creatività.
Per un’azienda significa portarsi a casa rapidamente processi più snelli, competitività più alta, servizi più personalizzati. Per un professionista significa lavorare meglio, non di più.
Da insulto a opportunità
Alla fine “clanker” non è un’etichetta che ci deve spaventare, ma un monito per fermarci e scegliere come vogliamo affrontare il cambiamento. Certo, possiamo restare fermi e borbottare come i luddisti di due secoli fa, ma sarebbe uno stupido spreco di tempo. Perché l’AI, se ben usata, è già oggi uno strumento che porta vantaggi reali.
Facciamo qualche esempio concreto:
- Nelle aziende: automatizzare report, preventivi e processi amministrativi significa liberare ore-uomo da reinvestire in strategia e sviluppo.
- Nel marketing: generare bozze di campagne, analizzare dati e segmentare clienti con precisione che fino a ieri era impensabile.
- Nella consulenza e nei servizi: supportare decisioni con analisi più rapide e complete, senza sostituire il professionista ma potenziandone le competenze.
Insomma, l’AI non è un rimpiazzo, ma un amplificatore. E la vera sfida non è temerla, ma imparare a governarla.
Se oggi ci sentiamo tutti un po’ clanker, è normale: significa che stiamo attraversando una fase di adattamento. Ma chi avrà il coraggio di andare oltre la diffidenza e sperimentare senza improvvisare alla cieca, raccoglierà i benefici prima degli altri.
Perché, come sappiamo tutti fin troppo bene, il futuro non aspetta nessuno: o lo subisci, o lo cavalchi.