Leggere i dati riportati nell’ultimo rapporto Piaac dell’OCSE sullo stato delle competenze degli adulti in Italia è un’esperienza al tempo stesso sconfortante e illuminante.
Sconfortante, perché noi italiani ci posizioniamo, ancora una volta, in fondo alle classifiche internazionali per literacy, numeracy e problem solving.
Illuminante, perché il rapporto indica implicitamente quali sono le contromisure che ognuno di noi può prendere per migliorarsi - o migliorare la gente che ci sta accanto: collaboratori, parenti, amici, ecc.
Senza soffermarmi troppo sui numeri, vorrei trarre alcune riflessioni utili per chi, come me, crede fermamente nel valore dello sviluppo continuo, sia sul piano professionale che personale.
Competenze: più che un vantaggio competitivo, una necessità
Non stiamo parlando solo di ottenere un lavoro migliore, anche se i numeri sono chiari: chi ha competenze adeguate guadagna in media oltre 12 euro l’ora in più rispetto a chi non le ha. Ma si tratta anche di integrazione sociale, capacità di innovare e – perché no – di affrontare la vita con più consapevolezza, anziché subirla senza capirci fondamentalmente granché!
Questi dati ci dicono una cosa: non possiamo smettere di imparare. Mai. Le competenze acquisite a scuola invecchiano in fretta, più in fretta che in altri Paesi, e senza un serio impegno nel lifelong learning, rimaniamo indietro. L’obiettivo non deve essere solo “stare al passo”, ma costruire un sistema personale solido che ci consenta di evolvere, indipendentemente dal contesto.
Soft e hard skill: un equilibrio fondamentale
Quello che emerge dal rapporto Piaac è che una buona parte della popolazione non riesce a superare le basi. Non parliamo di competenze sofisticate, ma di quelle fondamentali: comprendere un testo, risolvere un problema, fare calcoli un po’ più complessi. E qui entra in gioco l’importanza di lavorare sia sulle hard skill che sulle soft skill.
Le hard skill – come la padronanza di una lingua straniera, l’utilizzo di software avanzati o la capacità di analizzare dati – sono essenziali per essere competitivi in ambito professionale.
Le soft skill – dalla capacità di comunicare con efficacia, alla gestione del tempo, fino alla resilienza – sono ciò che ci permette di affrontare situazioni complesse, collaborare con gli altri e adattarci a un mondo in costante evoluzione.
Investire in entrambe le aree non è un lusso, ma una necessità. È questa combinazione che ci permette di fare la differenza: le hard skill sono la nostra base tecnica, mentre le soft skill ci danno la flessibilità per applicarle in contesti reali e imprevedibili.
Non è l’età, è l’attitudine
Un dato particolarmente interessante del rapporto è che in Italia il declino delle competenze comincia già dopo i 24 anni. È un segnale preoccupante, ma anche un mito da sfatare: non è l’età che determina la nostra efficacia, ma l’attitudine e l’esperienza.
Ho conosciuto persone che hanno cambiato carriera a 50 anni, acquisendo competenze tecniche da zero e trovando successo in settori completamente nuovi. Ho visto giovani di 25 anni bloccati da una mentalità rigida, incapaci di adattarsi al cambiamento. La differenza? La volontà di mettersi in gioco, di continuare a imparare, di vedere ogni esperienza come un’opportunità per crescere.
Le mie conclusioni (e un invito)
I dati del rapporto Piaac sono una fotografia che lascia poco spazio alle scuse: lo studio e la formazione non possono essere relegati agli anni scolastici, ma devono accompagnarci per tutta la vita. E non serve per forza tornare sui banchi: con le risorse oggi disponibili – libri, corsi online, podcast, comunità di apprendimento – possiamo diventare studenti autodidatti e costruire competenze che ci rendano più preparati e resilienti.
Il cambiamento parte da una semplice decisione: scegliere di migliorarsi. Ogni nuova abilità, ogni conoscenza acquisita, rappresenta un passo avanti, non solo verso una carriera migliore, ma anche verso una vita più soddisfacente e piena di possibilità.
Il mio invito è questo: prenditi il tempo per imparare, ogni giorno, anche solo dieci minuti. Non importa dove sei ora, importa solo che inizi.
E allora, qual è il primo libro, corso o progetto che affronterai per investire su te stesso?