Negli ultimi anni l’acronimo ESG (Environmental, Social, Governance) è entrato con forza in ogni discussione strategica aziendale, moltiplicandosi come in un labirinto di specchi e trascinandosi dietro, a volte, un’enfasi quantomeno discutibile.

Ma c’è un ambito in cui, più che altrove, l’ESG dovrebbe essere una pratica quotidiana, mentre al contrario è ancora piuttosto rara: quello delle infrastrutture IT, soprattutto quando parliamo di intelligenza artificiale, data center, edge computing e modelli generativi da addestrare, integrare e mantenere nel tempo.

Oggi le aziende tendono infatti ad implementare soluzioni AI senza chiedersi due cose fondamentali:

  • è sostenibile?
  • è sostenibile per la mia azienda?

Se lo facessero, la risposta sarebbe in entrambi i casi: poco o niente. E non solo dal punto di vista ambientale, ma anche economico, sociale, operativo e perfino etico.

L’ESG nelle infrastrutture IT e nell’AI

L’AI non è “solo software”. È potenza di calcolo, hardware specializzato, consumi energetici elevati, dati sensibili, processi decisionali automatizzati e una catena di responsabilità complessa.

Integrare l’ESG significa quindi affrontare temi molto concreti:

  • Efficienza energetica dei sistemi: un LLM addestrato male o ospitato in modo inefficiente può consumare come un piccolo ufficio.
  • Trasparenza e governance dei dati: chi accede ai tuoi dati? Dove vengono salvati? Su quali server? Adottando quali policy?
  • Impatto sociale dell’automazione: quali processi stai realmente migliorando e quali rischi stai introducendo?
  • Indipendenza tecnologica: puoi contare su infrastrutture sotto controllo o rischi il lock-in totale verso provider terzi?
ESG significa guardare al valore dell’AI, ma anche agli effetti collaterali. E fare scelte consapevoli.

Come si valuta l’ESG in un’infrastruttura AI

Partiamo dal presupposto che un assessment serio non può focalizzare semplicemente hardware e software utilizzati, ma deve trovare risposte valide a quattro domande fondamentali:

1. Quanto consuma ciò che stai per mettere in produzione?

  • GPU, CPU e sistemi di raffreddamento sono energivori.
  • I cloud hyperscaler non hanno tutti la stessa impronta carbonica.
  • Le scelte architetturali possono ridurre i consumi del 30–40% senza rinunciare alle performance.

2. Dove finiscono i tuoi dati e chi può realmente usarli?

  • Local vs cloud.
  • Cloud pubblico vs cloud privato.
  • Modelli ospitati vs modelli proprietari.
  • Log, telemetria, audit e retention policy.

L’ESG in questo caso si traduce in governance chiara, perché senza governance non c’è nessuna “G”.

3. L’automazione migliora o complica i tuoi processi?

Troppi progetti AI generano più complessità — o errori! — che vantaggi.

ESG qui significa misurare l’impatto reale: produttività, riduzione dei tempi, qualità del lavoro, riduzione degli errori.

4. Quanto è resiliente nel tempo l’infrastruttura?

Non parlo solo di failover, replica o backup.

Parlo di sopravvivenza architetturale: i sistemi AI cambiano rapidamente e ciò che oggi funziona, tra 18 mesi — sì, hai letto bene — può diventare ingestibile o troppo costoso.

Come scegliere il professionista (o l’azienda) che ti guida

Qui permettimi di essere diretto: l’ESG in ambito IT non è un esercizio di stile, è un lavoro per chi sa tenere insieme tecnologia, strategia e responsabilità.

E quindi chi ti accompagna deve avere almeno queste competenze e attitudini:

1. Visione architetturale completa

Non basta “saper installare modelli AI”: serve capire infrastrutture, consumi, edge computing, data governance, normative, sicurezza, scalabilità.

2. Approccio vendor-neutral

Se la soluzione è sempre “più cloud” o “più GPU”, è il professionista sbagliato.

Serve chi sceglie sulla base del tuo scenario, non dei contratti di partnership.

3. Competenze di governance e sicurezza

Audit, tracciamento, logging, segregazione delle reti, gestione dei privilegi.

L’AI espone superfici d’attacco enormi: serve qualcuno che lo sa.

4. Capacità di misurare l’impatto reale

L’ESG si misura con KPI: consumi, costi, tempi, semplicità operativa, ROI, riduzione delle inefficienze.

5. Etica professionale e trasparenza

È la parte meno tecnica e più rara: dichiarare cosa conviene fare e cosa è meglio NON fare.

E aggiungo un punto che è diventato per me quello decisivo negli ultimi anni:

6. Capacità di portare l’AI nell’azienda e non l’azienda nell’AI

Non tutto va nel cloud.

Molte aziende — soprattutto industriali — hanno bisogno di AI locale, su server dedicati, modelli governabili, niente lock-in, totale controllo dei dati.

Quando la soluzione “giusta” è un server AI on-premise, con modelli ottimizzati e processi di inferenza rapidi, serve qualcuno che sa progettare e far funzionare davvero queste architetture.

L’ESG come roadmap: le scelte tecniche che cambiano i costi e il futuro dell’azienda

Quando parlo di ESG applicata all’AI con i clienti, lo faccio sempre con un approccio molto pratico.

Alla fine, le domande fondamentali a cui bisogna trovare una risposta chiara sono sempre le stesse:

Hai davvero bisogno di un modello gigantesco o ti bastano inferenze leggere?
Ti conviene addestrare o usare modelli già pronti?
È più sostenibile un cluster locale, un edge server o un cloud?
Hai una governance dei dati solida?
Il ciclo di vita dell’AI è chiaro e sostenibile per i prossimi 24 mesi?

Queste domande non migliorano solo i conti dell’azienda: evitano di costruire cattedrali digitali ingestibili, che esplodono in termini di costi, consumi, complessità e rischi.

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